Dedicato a chi abita o vuole tornare a vivere in collina o in montagna
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Partiamo da un fatto: la legge di bilancio 2022 ha previsto l’istituzione del “Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane”, con una dotazione di 100 milioni per il 2022 e di 200 milioni a decorrere dal 2023.
Una spesa nazionale destinata alla montagna che ritorna in bilancio dopo oltre 30 anni di niente: l'ultima legge nazionale destinata alle aree montane risaliva al 1994.
Qual'è l'obiettivo di questo fondo? Quella di definire la “Strategia nazionale per la montagna italiana” (SNAMI) di rilancio dei territori montani, attraverso una serie di azioni volte a promuovere la crescita e lo sviluppo economico e sociale dei territori montani, l’accessibilità alle infrastrutture digitali e ai servizi essenziali, con riguardo prioritario a quelli socio-sanitari e dell’istruzione, il sostegno alla residenzialità, alle attività commerciali e agli insediamenti produttivi, il ripopolamento dei luoghi.

Belle, bellissime parole.
Non fraintendeteci: nessuno pretende che le problematiche della montagna vengano risolte nel giro di due settimane. É ovvio che un cambiamento epocale come quello proposto impieghi anni per concretizzarsi. É altrettanto vero che, insieme alle parole, il Governo ha stanziato 300 milioni di euro per le aree montane nazionale. Quindi non parliamo, è proprio il caso di dire, di “chiacchiere” e basta.

La domanda è: saranno pronti gli amministratori governativi, regionali e locali ad interpretare questo cambiamento? Qui permetteteci qualche dubbio. Avere a disposizione i soldi non sempre equivale a saperli mettere a frutto con idee valide e concrete. Che, infatti, al momento non scorgiamo. La scorsa settimana il ministro Gelmini ha presentato tre piani di sostegno alle comunità montane locali in Piemonte, Emilia e Abruzzo. L'obiettivo dichiarato è «valorizzare i territori, montani e appartenenti alle aree interne».


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Una di questi, la “Montagna del Latte”, è un «progetto dell’Unione montana dell’Appennino reggiano nato per promuovere la crescita e lo sviluppo di questa parte del territorio appenninico, all’insegna della piena sostenibilità ambientale e sociale», come cita il sito ufficiale della regione Emilia Romagna. La “Montagna del Latte” è anche una delle prime “Green Communities” nazionali, nella quale le comunità locali saranno aiutate nell’elaborazione di piani di sviluppo energetico, ambientale, economico e sociale che mettano al centro acqua, boschi e paesaggio. Come? In teoria attraverso la gestione integrata e certificata delle risorse idriche, con la produzione di energia da fonti rinnovabili locali, con la costruzione e gestione sostenibile del patrimonio edilizio sfruttando anche le risorse energetiche rinnovabili. Questo, è bene ribadirlo, a livello teorico.

E a livello pratico? La situazione, come troppe volte accade, è ben diversa. L'attuale guerra in Ucraina, e le sanzioni dell'Unione Europea alla Russia, hanno reso più vicina la riapertura delle centrali a carbone in Italia, eventualità che va in tutt'altra direzione rispetto agli investimenti nelle energie rinnovabili. Le priorità energetiche del paese, montagna e non, sono cambiate in modo molto rapida dopo l'invasione russa in Ucraina.

Al netto della problematica energetica non contemplata nelle Green Communuties, occorrerà, poi, vedere, come le autorità regionali e locali modelleranno questa “autostrada del cambiamento”. Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna, ha detto: «puntiamo allo stesso tempo sulla crescita dei servizi e sulla valorizzazione del capitale umano. Sono convinto che la possibilità di realizzare uno sviluppo di qualità e inclusivo passi proprio dalla capacità di valorizzare i territori appenninici, per contrastare lo spopolamento e dare ai giovani opportunità concrete di vita e di lavoro. E’ la scelta che stiamo facendo in Emilia-Romagna».

Quindi ricapitolando: soldi? Ci sono. Piani generici? Ci sono. Idee e progetti concreti? Non ci sono granché, almeno per ora.

Vedremo e monitoreremo nei prossimi mesi quali e quanti saranno i piani concreti per il rilancio delle aree montane di Emilia-Romagna, Piemonte e Abruzzo, le uniche tre (per il momento) “Green Communities” fondate.
La regione Toscana, tanto per cambiare, ancora non pervenuta sotto questo punto di vista.

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