Si scrive biomasse legnose, si legge “legna da ardere”, quella di cui sono ricchissime le nostre montagne e le nostre foreste e che, oltretutto, hanno la capacità di rigenerarsi (con la dovuta gestione da parte dell'uomo) grazie a madre natura. Perché in tempi di crisi energetica, con la drammatica situazione in Ucraina, l’impennata dei prezzi, i timori per la continuità delle forniture di gas si pensa sempre più a rispondere a questa domanda: «come ci scalderemo quest'inverno?». In montagna, dove le temperature sono più rigide che in pianura, la domanda è ancor più pertinente. La vista sui boschi, tuttavia, è confortante, rigogliosa com'è di alberi e arbusti che possono diventare legna da ardere immediatamente o quasi.
Chi ha disposizione un bosco e un camino (o una stufa a pallet) non avrà problemi di sorta nel lungo periodo: un modo per scaldare la propria casa ci sarà senz'altro.
«I biocombustibili legnosi – spiega Annalisa Paniz, direttrice generale di AIEL, associazione che rappresenta oltre 500 soci tra produttori, distributori, costruttori di tecnologie, progettisti e installatori di impianti di riscaldamento a biomasse legnose – oltre ad essere un veicolo di sostenibilità che contribuisce all’abbattimento delle emissioni, alla manutenzione del patrimonio boschivo e a generare un indotto occupazionale rilevante per il Sistema Paese, possono contribuire alla riduzione della dipendenza degli approvvigionamenti esteri, a diversificare il mix energetico e a contrastare il fenomeno della povertà energetica che interessa sempre più famiglie».
Nel settore residenziale, la legna da ardere riveste un ruolo rilevante in chiave energetica: il 61% del fabbisogno di energie è coperto dal gas, mentre il 24% del totale dalle biomasse: legna da ardere e pellet, appunto. La direttrice dell’associazione sottolinea come, anche in termine di costo di produzione, 1 MWh di energia termica generato con biomasse legnose può oscillare tra 24 e 72 euro, mentre lo stesso megawattora prodotto le fonti fossili va tra i 103 e i 146 euro, in costante aumento a causa dell'agitazione sui mercati.
Nessun pericolo di deforestazione in Italia: secondo l'ultimo rpporto sullo stato delle foreste in Italia, la superficie boschiva negli ultimi 50 anni è raddoppiata e negli ultimi dieci anni è aumentata del 5%. La quantità annuale di legname prelevato dai boschi con i tagli è compresa tra il 18% e il 34% dell'accrescimento annuale, a fronte di una media europea del 62%. Le foreste italiane sono quindi lontane da una condizione di sovra-sfruttamento e, al contrario, soffrono di un cronico stato di abbandono, causa di fenomeni di instabilità idrogeologica, perdita di valore ambientale e povertà economica.
La pensa così anche Andrea Formento, assessore del comune di Abetone Cutigliano. «La legna è una risorsa sempre più importante per il costo è la capacità riscaldante che non può avere i legacci giuridici e di filosofia che negli ultimi decenni hanno limitato il suo utilizzo. Sulle nostre montagne la copertura boschiva negli ultimi cento anni ha raggiunto livelli inimmaginabili che oggi se liberati dalle politiche restrittive rispetto ai tagli possono diventare una ricchezza per il territorio e per l’intera economia. Deve cambiare l’approccio culturale nei confronti dei tagli cosiddetti “a spiano” che hanno fatto la storia della nostra montagna e della sua popolazione».



