Errare umano, perseverare è diabolico. Com'è diabolico permettere al fango e alla melma di invadere decine e decine di chilometri di fiumi, uccidendo migliaia di pesci sorpresi da quella marea melmosa e tossica che ha traboccato nel loro habitat naturale. E non era la prima volta che accadeva, ma di questo parleremo più avanti. Questa volta, ad accorgersi che qualcosa non era andato nel verso giusto, sono stati gli abitanti dei Comuni dell’Alto Reno Terme e Vergato. Il fiume Reno ed il Limentra sono apparsi improvvisamente melmosi, come invasi da uno strano fango.
Centinaia di pesci sono stati ritrovati senza vita ai bordi di ambi i fiumi. Cosa è successo? Ancora non è chiaro, però sappiamo alcune cose: intanto, sappiamo che ci sono stati lavori alla diga di Pavana, nel Comune di Sambuca Pistoiese, si pensa per la messa in sicurezza dopo alcune evidenze di instabilità sismica. Il bacino sarebbe stato svuotato, non si sa se con tempistiche o modalità adatte; sia quel che sia, ma adesso l'intero ecosistema ittico dell'Alto Reno non esiste praticamente più.
Il tutto avviene nel pieno del periodo estivo, dove i primi ritorni al turismo sulle aree montane post-Covid rischiano di essere malamente influenzate da questo avvenimento.
Non è la prima volta, dicevamo. Già nel 1997 un fatto del tutto simile devastò le acque dolci...
Senza parlare del disastro ambientale che impiegherà anni e anni per essere “riassorbito” e cancellato da Madre Natura. Al momento, insomma, è una situazione irrecuperabile, un pugno nello stomaco al nostro amato Appennino. E fa venire una gran rabbia che un territorio con un ecosistema così delicato, così fragile possa soffrire di pene così grandi inflitte dall'uomo e dalla sua negligenza. Non è la prima volta, dicevamo. Già nel 1997 un fatto del tutto simile devastò le acque dolci della sponda emiliana dell'Alto Reno. Adesso, 23 anni dopo, raccontiamo di nuovo la stessa storia. Una storia senza ancora colpevoli, di cui conosciamo solo il tristissimo e irrecuperabile preambolo. Vigileremo, insieme a tanti altri sindaci del territorio ed enti coinvolti, nel far emergere la verità. Perché la natura del nostro Appennino di ferite ne ha subite anche troppe. E questa rischia di essere una delle più dolorose.