Quella colpita dall'alluvione due settimane fa è una delle principali aree di produzione agricola-alimentare dell'intero paese. Non a caso, è nota anche come “Fruit Valley” italiana. Un distretto produttivo che, in questa Regione, conta su oltre 56.600 ettari di superficie coltivata che nel 2022 hanno generato una produzione lorda vendibile di 1,2 miliardi di euro.
Secondo una stima prodotta dalla regione Emilia-Romagna all'indomani della tragedia sono quasi 21mila le aziende del settore che hanno ricevuto danni dagli allagamenti. Sono 2800 circa, invece, le aziende alimentari danneggiate: industrie che danno lavoro a quasi 41mila dipendenti, poco meno della metà di tutti gli occupanti del settore in regione.
A differenze di altre alluvioni che purtroppo hanno funestato la nostra nazione, quella scatenatasi sull'Emilia-Romagna ha coinvolto un'area molto vasta che si estende grossomodo dalle porte di Bologna fino al primo entroterra riminese. E se in pianura gli allagamenti hanno invaso, implacabili, case, aziende, campi e strade, in collina i guai sono arrivate da frane e smottamenti. Meleti, coltivazioni di pesche, allevamenti animali, viti per la produzione di vini: proprio quest'ultima risulta tra le produzioni più colpite, con circa 27mila ettari (metà della superficie regionale adibita) colpita da allagamenti o frane, con punte di distruzione ancor più alte nella provincia di Ravenna.
Anche le pesche hanno sofferto largamente l'alluvione: il Centro Agroalimentare Roma (Car) stima che quest'anno la frutta all'ingrosso costerà il 15% in più rispetto allo stesso periodo del 2022. In particolare ciliegie, albicocche, pesche e pere, tutte produzioni compromesse dal disastro emiliano-romagnolo. Per contro, arriveranno prodotti della stessa tipologia dai mercati esteri, spagnoli su tutti. Secondo le stime, la distruzione di alcune aree coltivate e coltivabili potrebbe essere irreversibile: il dissesto idrogeologico di due settimane fa avrebbe potuto rendere il terreno inadatto a ricevere nuove coltivazioni per molti, molti anni. Il lento deflusso dell’acqua nei frutteti successivo agli allagamenti, ad esempio, è estremamente dannoso per le piante. Con questa dinamica è possibile che le radici possano marcire e morire.
Secondo Confagricoltura «le piante da frutto da estirpare potrebbero essere minimo dieci e massimo quaranta milioni, a seconda di quanto si rivelerà grave la situazione dopo le analisi. Inoltre – aggiungono – un frutteto nel quale muore più del trenta per cento delle piante non è più economicamente sostenibile; quindi, anche in quel caso potrebbe rendersi necessario ricominciare da zero». La strada per tornare in carreggiata, anche nel caso arrivassero degli indennizzi economici da Regione e Governo, risulta insomma ancora molto lunga per abitanti e lavoratori di questa regione.
Calendario alla mano, è finalmente andato in archivio questo funesto mese di maggio, uno dei più piovosi della storia per il centro-nord italiano. Il meteorologo professionista Pierluigi Randi ha così analizzato il mese di maggio 2023, risultato essere sopramedia pluviometrica del 366,4%. «In Romagna abbiamo registrato valori termicamente nella norma, secondo la media 1981-2010, ma piovosissimo, sebbene le aree di bassa pianura non abbiano superato il maggio 1939, il quale è invece stato battuto in carrozza dalla fascia pedecollinare al medio Appennino.
Anomalia di precipitazione di +366,4% rispetto alla medesima norma, ma se si depennano le stazioni di bassa pianura e costa si sale verso il 500/600% in più. Da sottolineare, infine, che anche laddove il maggio 1939 sia stato più piovoso, all’epoca si contarono molti giorni di pioggia in più, dunque l’intensità di precipitazione è comunque superiore nel maggio recente, ed ha una grande importanza».
Il popolo emiliano-romagnolo da subito si è rimboccato le maniche e ha iniziato la ricostruzione. Le cicatrici sul terreno (e anche nell'animo) però sono destinate a rimanere ancora per molto tempo.